Eternit bis: il processo contro chi ha causato danni con l’amianto
È iniziata presso il Palazzo di Giustizia di Vercelli la prima udienza preliminare presso il GUP, del processo ETERNIT BIS.
Quello vercellese è parte di uno dei quattro processi che si terranno contro Stephan Schmidheiny, proprietario degli stabilimenti ETERNIT, oltre a quelli di Torino, Reggio Emilia e Napoli.
Il processo di Primo grado presso il tribunale di Torino ha visto la condanna di Schmidheiny a 4 anni per omicidio colposo e l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, per la morte di due lavoratori dello stabilimento ETERNIT di Cavagnolo.
Sono piccoli risultati, ma nel 2015 la Cassazione aveva annullato (per prescrizione) la condanna a 18 anni del manager svizzero accusato di disastro ambientale doloso permanente e omissione di misure antinfortunistiche.
Con il processo ETERNIT BIS i magistrati hanno insistito proprio sul fatto che Schmidheiny fosse consapevole dei rischi che comportava la fibra di amianto, perché le conoscenze scientifiche, all’epoca, erano già disponibili.
Secondo l’accusa l’imprenditore ha messo in atto un programma di controinformazione affinché i lavoratori non sapessero degli effetti devastanti delle polveri.
A Casale Monferrato era presente un imponente stabilimento le cui le attività ebbero inizio nel 1907 (cessando poi nel 1986) nel quartiere del Ronzone, con la presenza anche di un deposito nella zona di Piazza d’Armi, dove arrivavano i sacchi di amianto (estratto dalle cave, ad esempio quella di Balangero) grazie alla posizione vicina alla stazione ferroviaria e da dove partivano i manufatti realizzati nella fabbrica e destinati a ogni parte del Paese.
Sono centinaia gli ammalati per gli effetti della fibra di amianto diffusa decenni fa, non soltanto proveniente dallo stabilimento, ma anche impiegata impropriamente ad esempio per il livellamento di campi sportivi, cortili, strade e coibentazione di sottotetti.
Il mesotelioma pleurico (una delle malattie causate dall’amianto) ha un periodo di incubazione dai 25 ai 30 anni e ha colpito e continua a farlo non soltanto chi in quella fabbrica ha lavorato ma anche gli abitanti che ne sono venuti a contatto senza aver mai a qualsiasi titolo essere stati all’Eternit.
Ci piacerebbe non raccontare più queste storie, segno che nel nostro Paese si sia acquisita la giusta consapevolezza sulla tematica della rimozione dell’amianto e dell’utilizzo di coperture performanti ma compatibili con l’ambiente e la salute pubblica.